La competenza territoriale dei Tribunali amministrativi regionali

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autore ignoto

Ancora oggi, nonostante il chiaro disposto dell’art. 13 del d. lgs 2 luglio 2010 n. 104 introduttivo del Codice del Processo Amministrativo, molti ricorsi, anche con domanda cautelare, sono rivolti ad un Tar territorialmente incompetente. Il problema della individuazione della competenza per territorio dei Tribunali amministrativi regionali è difatti molto attuale.

Le norme sulla competenza nel codice del processo amministrativo non riguardano solo quella per territorio, ma anche quella funzionale come previsto dall’art. 14 del codice.

Circa la competenza territoriale, deve essere tenuto in considerazione il disposto della prima parte dell’art. 13, primo comma del c.p.a. che prevede che, sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione esse hanno sede. Si deve altresì tenere conto della seconda parte di detto comma che stabilisce che il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi, comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede.

Secondo la chiara disposizione del codice, occorre innanzi tutto, prima di adire un Tribunale amministrativo, esaminare quali siano gli effetti dell’atto che si impugna, poiché anche se questo è emesso da una autorità nazionale, se gli effetti diretti del provvedimento sono localmente limitati, la competenza è del Tar nel cui ambito territoriale questi si verificano.

Spesso invece accade che il ricorso sia proposto nel tribunale regionale nella cui circoscrizione ha sede l’autorità emittente, non tenendo conto degli effetti diretti del provvedimento impugnato.

Ad esempio, il diniego della cittadinanza italiana, seppure proveniente da una autorità governativa periferica, dati gli effetti generali del provvedimento impugnato, non rilevando la cittadinanza solo nell’ambito territoriale della autorità emanante, deve essere proposto al Tar centrale (in questo senso TRGA Trento Sezione Unica sent. 62/2021). Così nel caso di un programma ministeriale di sviluppo industriale riguardante diverse regioni e articolato in distinti progetti di investimento, l’impugnativa del soggetto il cui progetto non è stato approvato deve essere indirizzata al Tar locale (ord. Tar Lazio III ter n.6070/2019 e Tar Lazio III ter n.  2633/2019). Anche nel caso deciso nel merito con la sentenza del Consiglio di Stato sez. IV n. 3110/2021 la ricorrente aveva impugnato dinanzi al Tar per il Lazio, sede di Roma, un decreto di occupazione temporanea non finalizzata all’espropriazione emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico ed il verbale di immissione in possesso. Il provvedimento peraltro aveva effetti diretti solo nell’ambito del Tar periferico, sicché il Tar Lazio dichiarava con ordinanza la propria incompetenza. Tale pronuncia è stata confermata dal Consiglio di Stato in sede di regolamento di competenza che ha indicato la competenza del Tar periferico per far seguito poi, sull’appello nel merito della ricorrente, la decisione del Consiglio di Stato con la sentenza citata.

Va inoltre tenuto presente l’altro criterio che regola la competenza territoriale, che riguarda le controversie dei pubblici dipendenti, nelle quali, inderogabilmente, ai sensi dell’art. 13, secondo comma, il tribunale competente è quello nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio. Ciò vale sia per i ricorsi con domande cautelari, sia quelli di merito, sia quelli inerenti il silenzio inadempimento.

Ai sensi dell’art. 15 del c.p.a. il giudice decide sulla competenza, in ogni caso, prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza, non può decidere su detta domanda.

Così, nel caso in cui il ricorrente proponga, con il ricorso, una domanda cautelare, la decisione di incompetenza è adottata con ordinanza  che indica il giudice competente dinnanzi al quale nei 30 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, con termine perentorio, il giudizio deve essere riassunto. Questa ordinanza può essere impugnata solo con regolamento di competenza dinnanzi il Consiglio di Stato.

Peraltro, proprio il decorso del tempo tra deposito ricorso e fissazione di udienza per la decisione della domanda cautelare, quello per il ricorso in riassunzione dinnanzi al diverso giudice, i tempi per la fissazione della camera di consiglio davanti a questo per la decisione della domanda, impongono, posto che, se si tratta di una esigenza di tipo interinale dovuta non solo al fumus boni iuris, ma anche e soprattutto al periculum in mora, ossia al pregiudizio grave ed irreparabile derivante dal provvedimento impugnato, una cura attenta per la determinazione del tribunale competente, al fine di ottenere una pronuncia in tempi brevi.

Qualora l’eccezione di incompetenza si riferisca ad un giudizio di merito privo di domanda cautelare, questa, oltre ad essere rilevata d’ufficio del primo giudice finchè la causa non sia decisa nel merito, può essere proposta con comparsa di costituzione del resistente o dal controinteressato, nei termini fissati per la costituzione e la decisione da parte del Tar adito è disposta con sentenza.

In questo  senso ha deciso il Tar Molise nella sentenza n. 320/2020 in cui è affermato che  “In genere quando deve essere dichiarata all’esito del giudizio di merito in udienza pubblica, la pronuncia incompetenza territoriale deve essere adottata con sentenza, atteso il chiaro dettato della norma che limita l’adozione della decisione di incompetenza con forma di ordinanza a casi tipici ben determinati e che comporta, per argomento a contrario, la necessità di utilizzare la forma ordinariamente adottata per le decisioni conclusive del giudizio dinanzi a un determinato organo giudicante, ovverosia quella della sentenza”.

Stesso contenuto ha la sentenza del Tar Veneto, Sezione I, 18 giugno 2019, n. 726, nella quale si legge  che la pronuncia di incompetenza assume la forma di ordinanza quando viene resa in sede di decisione sulla domanda cautelare ex art. 15, comma 2, cod. proc. amm. o nella camera di consiglio fissata per la pronuncia immediata sulla questione di competenza, ai sensi dell’art. 15, comma 3, cod. proc. amm. Il comma 4 dell’art. 15 cod. proc. amm. dispone difatti che sulla questione della sola competenza “il giudice provvede con ordinanza, nei casi di cui ai commi 2 e 3”. Da ciò si deduce che negli altri casi, ovverosia quando deve essere dichiarata – come nell’ipotesi di specie – all’esito del giudizio di merito in udienza pubblica, la pronuncia d’incompetenza territoriale deve essere adottata con sentenza. Stesso concetto si deduce da T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 15 aprile 2019, n. 4867; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 4 luglio 2018, n. 4441T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 15 febbraio 2018, n. 358T.A.R. Piemonte, sez. I, 29 luglio 2015, n. 1282T.A.R. Molise, sez. I, 12 giugno 2015, n. 267.

La  decisione della questione di competenza con sentenza non priva il ricorrente della facoltà di riassumere il giudizio innanzi al giudice dichiarato competente, in analogia a quanto previsto dall’art. 15, comma 4, cod. proc. amm.

Difatti, la disposizione si riferisce chiaramente ai casi di incompetenza dichiarata con ordinanza nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 3 (cioè, come si è visto, in sede di decisione sulla domanda cautelare oppure, in assenza di tutela interinale, nella camera di consiglio fissata per la decisione immediata sulla questione di competenza) ma non esclude la facoltà di riassunzione del giudizio nei casi in cui l’incompetenza venga dichiarata con sentenza all’esito del giudizio di merito in udienza pubblica; anche in tal caso va, salvaguardata la ratio dell’istituto che risponde alla funzione di consentire la prosecuzione del processo innanzi al giudice territorialmente competente al fine di ottenere una pronuncia di merito che ponga fine alla controversia (arg. ex T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, – n. 1859/ 2018).

La competenza territoriale relativa alla impugnativa di un provvedimento si estende anche alla domanda risarcitoria. Emblematico è il caso deciso dal TAR Puglia-Lecce con la sentenza n. 588/2021

Il ricorrente, dopo aver impugnato dinnanzi al Tar locale una graduatoria regionale emessa nell’ambito di un concorso emanato da una autorità centrale (Ministero Economia e Finanze ed Agenzia delle Entrate) ed aver riassunto il giudizio a seguito di istanza per regolamento di competenza dinnanzi il Tar Lazio che aveva accolto il suo ricorso nel merito, proponeva domanda risarcitoria  per la ridotta retribuzione percepita a causa del provvedimento che non gli aveva riconosciuto il dovuto inquadramento e  per la perdita di chance a causa della impossibile partecipazione alle procedure di avanzamento interne ed esterne che presupponevano la superiore qualifica riconosciutagli poi in sede giudiziale.

La domanda risarcitoria peraltro era proposta non dinnanzi il Tar Lazio, competente territorialmente per la decisione del giudizio di impugnazione, ma al Tar periferico, nel cui ambito era situata la sede di servizio.

Il Tribunale ha osservato che la domanda di risarcimento del danno da attività provvedimentale illegittima ex art. 30 commi 2, 3 e 5 c.p.a. segue, ancorché proposta in via autonoma, i medesimi criteri stabiliti in via generale dall’art. 13 c.p.a. (che pure menziona, tra l’altro, i “comportamenti di pubbliche amministrazioni”).In sostanza, se la domanda risarcitoria  è dipendente da un provvedimento che si assume illegittimo a valenza nazionale, la competenza sulla domanda risarcitoria viene attribuita al Tar Lazio. Ciò discende da ragioni di evidente connessione oggettiva ex art. 40 c.p.c. tra le domande azionate, che condividono parte dei presupposti e del thema decidendum (id est l’accertamento dell’illegittimità dell’atto amministrativo), nonché dall’esigenza di concentrazione delle tutele (evocata dall’art. 7 comma 7 c.p.a. con riguardo al riparto di giurisdizione ma che certamente sussiste anche con riguardo al diverso piano del riparto di competenza per territorio).

Una diversa opinione snaturerebbe il carattere inderogabile del riparto di competenza per territorio ex art. 13 c.p.a.

Infatti,  non è pensabile che le domande risarcitorie formulate congiuntamente alla domanda di annullamento di un provvedimento  con effetti ultraregionali  che debbono essere proposte dinanzi al Tar competente , nella specie il Tar del Lazio, se formulate successivamente (ex art. 30, 5 comma c.p.a.). potrebbero essere proposte dinanzi ad un diverso Tar.

Va inoltre tenuto presente che l’ordinanza declaratoria della incompetenza   che non decida la domanda cautelare non è immodificabile.

Tale ordinanza può essere impugnata, ai sensi dell’art.15, 5 comma c.p.a.  dalla parte o d’ufficio esclusivamente con il regolamento di competenza proposto dinnanzi il Consiglio di Stato che decide ai sensi dell’art.16 c.p.a. con ordinanza in camera di consiglio. La pronuncia sulla competenza può essere anche emessa in sede di  appello cautelare ai sensi  dell’art.62 comma 4 del c.p.sa.  Nell’appello cautelare dinnanzi il Consiglio di Stato è difatti rilevata anche d’ufficio la violazione in primo grado, tra l’altro, dell’art.13 e dell’art.15, 2 comma. Se nell’ordinanza, vincolante per i Tar, è dichiarata la competenza di un tribunale diverso da quello adito, il giudizio deve essere riassunto in un termine perentorio.

Se la pronuncia del Tar riguarda sia la competenza sia la domanda cautelare, questa può essere impugnata con il regolamento di competenza, oppure nei modi ordinari quando insieme alla pronuncia sulla competenza si impugna anche quella sulla domanda cautelare.

Il procedimento per far valere l’incompetenza del Tar adito è dunque articolato e può dar luogo ad  un intervento del giudice non solo limitato alla ordinanza cautelare con l’indicazione del giudice competente, cui segua il ricorso in riassunzione, ma  può presentare anche il contrasto sulla decisione di incompetenza o sulla eccezione di incompetenza non accolta, che può portare a regolamento di competenza, con aggravio del procedimento giudiziario ed a scapito degli interessi del ricorrente di far valere celermente le proprie ragioni.