Il privilegio sui crediti derivanti dalla revoca degli interventi di sostegno pubblico

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Bartolomeo Manfredi

La Corte di Cassazione, con la sentenza 30 gennaio 2019 n. 2663, ha stabilito due rilevanti principi in tema di privilegio sui crediti derivanti dalla revoca dei finanziamenti pubblici.

La normativa di riferimento è il D.Lgs. 123/98, contenente disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, che, all’art. 9, comma 5, dispone che i crediti derivanti dagli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, ivi compresi gli incentivi, i contributi, le agevolazioni, le sovvenzioni e i benefici di qualsiasi genere, sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per le spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751-bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi.

Secondo la S.C. la norma ha portata generale ed è idonea a trovare applicazione trasversale a tutte le ipotesi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive attraverso le erogazioni da parte della P.A. – che possono avvenire anche attraverso soggetti terzi – sotto forma di credito d’imposta, bonus fiscale, concessione di garanzia, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi, finanziamento agevolato (v. art. 7 D.Lgs. n. 123/98).

Da tale premessa deriva che il privilegio va riconosciuto – indipendentemente dall’eventuale richiamo tra le clausole del contratto di finanziamento della citata normativa – ogni qual volta l’intervento pubblico, in ragione del suo concreto oggetto e della sua finalità, sia inquadrabile tra le forme di intervento del richiamato art. 7.

 

Il secondo aspetto esaminato dalla Cassazione riguarda il riconoscimento del privilegio ai crediti conseguenti agli inadempimenti del beneficiario alle obbligazioni negoziali, riconducibili alla fase successiva a quella amministrativa di individuazione dei requisiti per l’intervento pubblico e, propriamente, a quelle di natura privatistica inerenti la conclusione ed esecuzione del contratto di finanziamento.

Al proposito, la Corte di legittimità afferma che “anche la patologia inerente alla successiva fase – sebbene di carattere negoziale – concernente la gestione del rapporto di credito insorto per effetto del finanziamento può incidere su quest’ultima e comportare la revoca del beneficio e la conseguente insorgenza del diritto dell’amministrazione alla restituzione”. Precisa la S.C. che la lettura coordinata delle disposizioni che compongono l’art. 9 del D.Lgs. 123/98 conduce a ritenere che tutti i crediti relativi a finanziamenti erogati e poi revocati sono soggetti al privilegio, e non solo quelli aventi la fonte nell’irregolare concessione dell’intervento o nell’indebito conseguimento del beneficio, ma anche quelli derivanti da ragioni o fatti addebitati al beneficiario o da qualsiasi altra ragione anche se attinente alla fase negoziale successiva all’erogazione del contributo.

Va però precisato, per fugare ogni dubbio al riguardo, che per il riconoscimento del privilegio in oggetto è pur sempre necessario che intervenga la revoca delle agevolazioni (revoca che, come detto, può conseguire a ipotesi anche riferibili ad inadempimenti contrattuali), non essendo viceversa ammissibile il riconoscimento del privilegio ai crediti derivanti dal semplice inadempimento alle obbligazioni contrattuali.